Geologia

Nell’area mediterranea la Sicilia rappresenta l’unicum naturalistico e geologico. Infatti, la moltitudine di ambienti diversi ed unici, la ricchezza di un grande patrimonio artistico ed etno-antropologico rende quest’isola una pietra preziosa, un territorio affascinante. E’ qui che si ritrovano i diversi ambienti sedimentari della Catena Appennino Maghrebide, le varie facies metamorfiche dell’Arco Calabro-Peloritano, ed il vulcanismo attivo dell’Etna e dell’arcipelago Eoliano; è in quest’isola così vitale e dinamica che ritroviamo l’avanpaese Ibleo e la fossa Gela-Caltanissetta dove si ritrovano i sedimenti della serie evaporitica.
Nell’ambito della Catena Appenninico-Maghrebide, i Nebrodi occupano una vasta porzione di rilievo che si affaccia sulla costa Tirrenica e rappresenta una parte cospicua dell’Appennino Siculo insieme ai monti Peloritani ad est ed alle Madonie ad ovest; a sud sono delimitati dall’Etna ed in particolare da due importanti fiumi siciliani quali l’Alcantara e l’alto corso del Simeto che nascono proprio dalle pendici di questi monti.

Si estendono lungo una dorsale per circa 70 km, in direzione Est-Ovest e con i versanti asimmetrici solcati dalle caratteristiche fiumare. Morfologicamente sono rappresentati da una linea sinuosa di possenti rilievi – quasi tutti oltre i 1500 metri d’altezza – dai fianchi scoscesi e dalle cime arrotondate. Numerosissimi, in quest’area, i fiumi ed i torrenti, alcuni dei quali perenni e tra i più importanti della Sicilia, come l’Alcantara, il Simeto, il Rosmarino, il Caronia, per citarne alcuni; le sorgenti, gli stagni, gli specchi d’acqua d’alta quota – componenti essenziali e preziosi per il mantenimento di microclimi umidi – come il Biviere di Cesarò, i laghi Maulazzo, Trearie, Quattrocchi etc, che ospitano una moltitudine di specie sia animali che vegetali.
Qui, diversamente dalle Madonie, numerose e disseminate nel territorio sono le sorgenti, molte delle quali presentano un comportamento di tipo stagionale, con portate spesso limitate, influenzate dai regimi piovosi e dalle caratteristiche idrogeologiche dell’area nebroidea.
Una terra di estremo interesse sia per gli studiosi che per gli appassionati di geologia e naturalisti così come per i visitatori non particolarmente esperti che comunque saranno stimolati ed incuriositi di fronte alla bellezza ed alla forma dei paesaggi che si avvicendano dalle basse quote boscate delle pendici dei monti fino alle aree sommitali, spesso fitte di vegetazione a volte rade ma sempre differenti ed affascinanti.


La storia geologica di quest’area è complessa ed intrigante, infatti, nell’ areale nebroideo si riscontrano terreni che comprendono un intervallo di tempo che va dal Paleozoico al Pleistocene, sebbene vi siano intervalli geocronologici non rappresentati da alcuna litologia. In particolare, i terreni affioranti fanno parte di unità tettoniche impilate le une sulle altre, cosè come quelle Sicilidi e Peloritane.
I lineamenti morfologici caratterizzanti questa porzione di territorio sono strettamente legati alla geologia dell’area e delle formazioni geologiche affioranti nonchè alle vicissitudini tettoniche che hanno modellato questi monti nel corso della loro travagliata storia geologica. Infatti, si riscontrano contemporaneamente rilievi caratterizzati da forme piuttosto aspre e pendii decisamente acclivi nonchè aree con una morfologia blanda e versanti a debole pendenza con andamento spesso ondulato.

La cima più alta è Monte Soro con 1847 m s.l.m., questo rilievo ha dato il nome alla formazione geologica qui rappresentata ovvero il Flysch di Monte Soro, un’alternanza di rocce argilloso-arenacee, che soggette all’erosione e al modellamento da parte degli agenti atmosferici, fanno assumere fianchi arrotondati e morbidi profili ai rilievi composti dalle medesime alternanze, in particolare dove predomina la componente argillosa. Sono queste formazioni flyschoidi, chiamate con diversi nomi a seconda della loro composizione, geometria e potenza degli strati arenacei, che in affioramento ci mostrano pieghe, fratture, faglie e diverse altre forme di un passato a noi lontano.
Dove predominano gli affioramenti calcarei, il paesaggio cambia radicalmente, la morfologia diventa più accentuata con strapiombi spesso in corrispondenza di grandi faglie. E’ il caso delle meravigliose Rocche del Crasto presso Alcara Li Fusi o del Monte San Fratello o Pizzo Castellaro o dell’areale di Longi. Questi calcari liassici dotati spesso di una buona resistenza all’azione di degradazione fisica degli agenti atmosferici, si lasciano poi erodere lungo vie preferenziali di debolezza per dare vita a fenomeni carsici quali grotte o antri come quella del Lauro presso Alcara Li Fusi o la grotta di San Teodoro presso Acquedolci.
Degno di nota, il ritrovamento in quest’ultima grotta di uno scheletro completo di donna, Thea, facente parte delle prime sepolture paleolitiche siciliane, inoltre, nel talus si sono rinvenuti importanti fossili, quali resti di ippopotami (Hyppopotamus sp.), cervi, orsi, asini (Equus hydruntinus), cinghiali, lupi (Canis lupus Linnaeus, 1758), elefanti (Elephas antiquus, E. falconeri, E. melitensis, E. africanus, E. meridionalis, E. armeniacus) e coproliti di iena (Crocuta crocuta spelea).